Come concimare la cannabis autofiorente

Come concimare la cannabis autofiorente

Chi si approccia da zero alla coltivazione della cannabis, deve fare attenzione alla tipologia di sementi che sceglie. Quali di preciso? Quelli a carattere autofiorente. Non fotoperiodici, crescono rapidamente non sulla base della luce, ma considerando come criterio di riferimento l’età della pianta. Quest’ultima resiste molto bene ai parassiti e non raggiunge altezze eccessive.

 

Quando li si chiama in causa, è naturale chiedersi come concimare. Nelle prossime righe, cercheremo di dare spazio a una risposta completa ed esaustiva.

 

Cannabis autofiorente: ecco cosa sapere

Nel momento in cui si inizia a coltivare cannabis autofiorente, è necessario ricordare che le piante che cresceranno saranno più compatte rispetto a quelle fotoperiodiche e soprattutto più piccole. Questo porta, di riflesso, ad avere la necessità di una quantità minore di nutrienti. Lo stesso discorso si può fare in merito alla resistenza. La cannabis autofiorente è caratterizzata dalla presenza della genetica ruderalis. Originaria di una terra dal clima difficile come la Siberia, è abituata a crescere in terreni poveri di diversi tipi di nutrienti.

 

Davanti a queste parole, è naturale farsi una domanda: la cannabis autofiorente può non essere concimata? In teoria sì. Dal momento che tra la teoria e la pratica ci passa sempre un mare, se si opta per l’approccio appena descritto bisogna farsi trovare pronti a rese leggermente inferiori rispetto alla media.

 

I nutrienti giusti

Con quali nutrienti deve essere concimata la cannabis autofiorente? Innanzitutto con fosforo, azoto e potassio. Quando li si chiama in causa, è fondamentale rammentare che il loro rapporto varia sulla base del momento di crescita che la pianta sta attraversando.

 

Nel corso della fase vegetativa, il breeder che coltiva cannabis autofiorente deve dare spazio soprattutto all’azoto. Come mai? Perché si tratta del nutriente decisivo per stimolare la crescita delle foglie e degli steli della futura piantina.

 

Le cose cambiano quando fa capolino la fase di fioritura. In questo caso, infatti, bisogna mettere un attimo da parte l’azoto e concentrarsi sulla somministrazione di fosforo e di potassio.

 

Per dovere di precisione, ricordiamo che lo schema appena descritto vale anche per le piante non autofiorenti. L’unica grossa differenza con la cannabis autofiorente risiede nelle quantità: dato che, come già accennato, le piante sono di dimensioni contenute, sarà necessario somministrare una quantità più blanda di nutrienti.

 

Sulla quantità di nutrienti da fornire è aperto da anni un forte dibattito in seno alla comunità dei coltivatori. C’è chi dimezza la dose somministrata alla cannabis fotoperiodica e chi ci va ancora più cauto, concimando le autofiorenti con 1/8 della quantità di nutrienti che vengono normalmente forniti alle piante fotoperiodiche.

 

Di sicuro c’è che, nel momento in cui si opta per la seconda alternativa, c’è sempre il tempo di recuperare. Come capire che è necessario concimare di più le proprie piante di cannabis autofiorente? Un segnale davanti al quale non abbassare mai la guardia riguarda le foglie. Se sono gialle, significa che la pianta ha bisogno di più nutrienti.

 

Un trucco da conoscere

Parliamo ora di un trucco tanto importante quanto poco conosciuto tra chi inizia a comprare semi di cannabis online. In cosa consiste? Nel fatto di concentrarsi, per le prime due settimane successive alla semina, solamente sull’acqua. Anche se a chi non ha esperienza può sembrare paradossale, se si esagera con la fertilizzazione nel corso della cosiddetta fase semenzale i risultati possono essere scarsi dal punto di vista della qualità e della quantità dei raccolti.

 

Concludiamo chiamando in causa una scelta comune quando si coltiva cannabis autofiorente, ossia quella di interrompere la fertilizzazione prima della raccolta (1/2 settimane prima). Molti breeder optano per questa soluzione con l’intenzione di evitare di trovarsi con piante con un sapore troppo chimico.