Si sente spesso parlare di proofreading, un termine recente che assume diverse connotazioni a seconda del contesto di riferimento e che spesso viene confuso con il più conosciuto editing. Se le due azioni vanno a braccetto e sono componenti essenziali per la correzione e la revisione di un prodotto editoriale, è bene fare un po’ di chiarezza e definire con precisione di cosa si occupano. Il proofreading è inteso come la correzione di bozze che agisce su errori di vario tipo, sulla formattazione e sull’impaginazione; mentre l’editing si occupa di leggibilità, fluidità e chiarezza del testo.
In questo articolo, scritto insieme agli esperti di Dotwords, analizziamo il proofreading nel dettaglio.
Proofreading – cos’è
L’equivalente italiano del proofreading è la correzione di bozze, intesa come un’azione di controllo che si limita a correggere quelli che vengono definiti “errori di distrazione”. Il proofreading è la correzione di errori di battitura, grammaticali, lettere invertite, errori ortografici o sintattici, di punteggiatura o di formattazione. In origine il termine indicava il processo di identificazione e rimozione di anomalie nel DNA: la sua etimologia scientifica è stata successivamente traslata fino ad assumere il significato che conosciamo oggi, cioè quello relativo alla revisione di testi. L’attività del correttore di bozze è complessa in quanto non si riduce solo alla semplice correzione di errori, ma varia a seconda del contesto, ad esempio cartaceo o digitale, a cui si applica. Una sfumatura ancora diversa è quella che assume in caso di traduzioni: in questo caso vengono anche controllate l’omissione di frasi o errori nella traduzione di nomi propri.
Proofreading – come farlo in modo corretto
Il proofreading è un processo di revisione che, come vedremo nel prossimo paragrafo, è diverso da quello di editing. La correzione di bozze prevede l’identificazione e la sistemazione di refusi ed errori di battitura, errori grammaticali, sintattici, errori nelle numerazioni o nelle diciture; non viene effettuato, invece, il controllo della terminologia. Ad una prima fase di proofreading seguirà una seconda fase dove vengono controllate formattazione ed impaginazione.
A venire in aiuto ai correttori di bozze ci sono strumenti come gli editor di testo, per esempio Word o Pages, che verificano in modo automatico ortografia e grammatica anche se spesso non sono sufficienti e permettono solo l’eliminazione di piccole sbavature. L’esperienza e la competenza di un proofreader madrelingua fa la differenza e contribuisce a rendere il testo corretto nella sua forma grammaticale, sintattica e di formattazione. Nel caso in cui questi professionisti lavorano nel web si aggiunge anche il controllo e la revisione degli elementi della pagina web: tag title, meta description e didascalie; in questo caso si parla di web copywriting.
Editing e Profreading a confronto
Mentre l’editing va di pari passo con la scrittura, il proofreading è una sorta di semaforo verde, che dà il via libera finale al lavoro. Quello dell’editing è un controllo più lungo e complesso che analizza la fluidità del testo, lo stile del contenuto, la coerenza nella costruzione, il tone of voice e la chiarezza del linguaggio. Le due attività sono complementari e sono finalizzate alla buona riuscita del progetto editoriale, ma non è corretto usare i due termini come sinonimi in quanto il loro raggio di azione è diverso.
L’editing controlla che il testo sia scritto bene, scorrevole nella lettura e di facile comprensione; mentre il proofreading individua e corregge gli errori. Il consiglio è quello di eseguire tutti e due i tipi di revisione, specialmente se il prodotto finale è su supporto cartaceo e destinato alla stampa: in un prodotto digitale, infatti, è sempre possibile la correzione anche a pubblicazione avvenuta, ma un prodotto stampato in decine o migliaia di copie non permette più di correggere eventuali errori, che siano essi di battitura o di stile.
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