L’importanza degli agenti di commercio spiegata da Mauro Montrucchio

L’importanza degli agenti di commercio spiegata da Mauro Montrucchio

Il COO di Agentscout: “Il 70% del Pil italiano è generato dagli agenti di commercio, ma la speranza è che Stato e Università facciano di più”

“Il 70% del Pil italiano è generato dagli agenti di commercio, per una azienda affidarsi oggi ad agenti commerciali resta la via più sicura per crescere”. A sottolinearlo è Mauro Montrucchio – Chief Operating Officer di AgentScout – azienda specializzata nel recruiting di agenti di commercio e venditori. L’azienda è diventata il punto di riferimento nazionale per le imprese che cercano commerciali, in particolar modo nei settori Ho.Re.Ca, energia, telecomunicazioni e noleggio auto.

Agentscout è in grado di selezionare i commerciali più in linea alle esigenza imprenditoriali, grazie ad un database con migliaia di referenze ed uno screening accurato dei profili più adatti, riuscendo a portare direttamente a colloquio i venditori selezionati con le azienda.

Mauro Montrucchio – COO della società – ci spiega quanto sia importante ancora oggi la figura dell’agente per le imprese, nonostante la flessione generale dei mercati e le carenze notevoli che riguardano, per esempio, il mondo accademico che (per quanto sia attento allo sviluppo del paese) non investe ancora abbastanza in questa direzione.

“E’ innegabile che a partire dal 2020 i principali mercati abbiano subito una contrazione, dovuta a fattori molteplici come la pandemia, la mancanza di materie prime, i rincari – spiega Montrucchio – le imprese di conseguenza non hanno più investito come prima sui commerciali. A proposito voglio sottolineare però un dato: il 70% del Pil italiano  – secondo una stima di USARCI – è dato proprio dagli agenti di commercio. Sono i venditori che reggono il Paese, non certo l’e-commerce come si tende a credere, che invece genera Pil per circa il 20%. Per questo le aziende che oggi continuano ad investire nei commerciali sono quelle che crescono e vanno avanti. La figura dell’agente di vendita resta importantissima per chi fa impresa, anzi diciamo pure fondamentale nello sviluppo delle piccole e medie imprese e indispensabili a quelle grandi”.

In un Paese però come l’Italia in cui, secondo Montrucchio, si investe ancora poco su questa figura. “L’età media degli agenti di commercio è oggi compresa tra 52 e 64 anni – sottolinea – e non c’è un ricambio. Nelle Università di Economia, per esempio, non ci sono indirizzi di studi per agenti commerciali, del resto anche nelle scuole superiori questo mestiere viene ancora poco considerato. E’ un peccato perché non se ne capisce l’importanza e il ruolo chiave che riveste per le imprese. Faccio un esempio: Enel, l’azienda più grande per fatturato in Italia e una delle più importanti al mondo, crea valore grazie ai commerciali. Un discorso che posso estendere a tutti i più grandi business del nostro paese. Poi guardi i numeri e vedi che in Italia ci sono solo 200mila agenti in attività, un numero ancora troppo esiguo che merita delle riflessioni”.

Montrucchio spera che in futuro ci sia anche um maggiore intervento da parte dello Stato. “In un contesto economico come quello attuale, sono ancora troppo pochi gli incentivi messi a disposizione alle aziende dalle istituzioni per investire sugli agenti di commercio. Le imprese adesso hanno più paura a fare assunzioni – sottolinea – e andrebbe fatto qualcosa in più per mettere nelle condizioni gli imprenditori di assumere figure come gli agenti che, come ho già spiegato, sono decisive per il fatturato imprenditoriale”.

Il COO di AgentScout auspica dunque un maggiore intervento dello Stato, volto ad incentivare la ricerca del lavoro, anche tra gli agenti di commercio. “Quello che notiamo, per esperienze diretta, è che quando un azienda chiude molti venditori che lavoravano per quella realtà non si riposizionano. Capita soprattutto tra i professionisti più giovani, dai 22 ai 35 anni. C’è addirittura chi si dimansiona, spesso cambiando totalmente lavoro. C’é paura a rimettersi in gioco, per questo potrebbe essere utile inserire per esempio dei premi di ricollocazione. Questa formula permetterebbe l’abbandono graduale di misure come il reddito di cittadinanza a favore del ricollocamento, perché sarebbero gli stessi lavoratori ad avere maggiore interesse al riposizionamento sul mercato del lavoro, in quanto più vantaggioso della mera rendita passiva”.